Lo scorso autunno l'economista Carl Benedikt Frey e l'ingegnere informatico Michael A. Osborne, entrambi dall'Università di Oxford, hanno pubblicato uno studio atto a stimare le probabilità che 702 occupazioni sarebbero presto state rimpiazzate dai computers. I loro risultati sono stati sorprendenti. I progressi nella data mining, visione artificiale, intelligenza artificiale e le altre tecnologie potrebbero, sostenevano, mettere il 47 per cento dei posti di lavoro americani ad alto rischio di essere automatizzati negli anni a venire. Agenti di prestito, redattori fiscali, cassieri, macchinista di treni e tram , assistenti legali, tassisti, conciatetti e posatori di mattonelle e persino gli allevatori, sono tutti in pericolo di ritrovarsi senza lavoro.
Che si accetti o meno l'analisi di Frey e Osborne, è innegabile che qualcosa di strano sta accadendo nel mercato del lavoro statunitense. Dalla fine della Grande Recessione, la creazione di posti di lavoro non ha tenuto il passo con la crescita della popolazione. I profitti delle imprese sono raddoppiati dal 2000, ma il reddito medio familiare (al netto dell'inflazione) è sceso da $ 55.986 a $ 51.017. Allo stesso tempo, i profitti aziendali al netto delle imposte in percentuale del prodotto interno lordo è aumentato da circa il 5 al 11 per cento, mentre redditi da lavoro dipendente in percentuale del PIL è sceso dl 47 al 43 per cento. In qualche modo le aziende stanno facendo più profitti con meno lavoratori.